Tra i documenti conservati all’archivio di stato di Coira uno dei più interessanti è sicuramente il catasto completo del comune di Castione Andevenno, realizzato dall’ingegnere collegiato Giacomo Antonio Boldi nei primi decenni del secolo XVIII. Dopo un lungo lavoro di elaborazione dei dati questo volume presenta i primi risultati dello studio di questa “porta sulla storia”. Come scrive l’autore, Dario Benetti, nelle conclusioni: “Ciò che emerge da questo straordinario documento, è la descrizione di una comunità articolata e complessa, niente a che fare con la decadenza rurale della fine dell’Ottocento e del Novecento. La Magnifica Comunità di Castione, all’inizio del Settecento è ancora una comunità viva e orgogliosa della propria autonomia, divisa in quattro quadre (Quadra di Monte, di Moroni, di Andevenno e di Castione), amministrata da un Cancelliere di comunità e da decani eletti dai capifamiglia di ogni Quadra, senza distinzione tra nobili e contadini. I capifamiglia regolarmente si ritrovavano al termine della Messa nell’Oratorio dei confratelli del SS. Sacramento. Gli atti di queste riunioni sono conservati nell’archivio parrocchiale, a partire dai primi decenni del XVII secolo fino ai primi anni del XIX, con qualche interruzione nel corso del Settecento, probabilmente atti rimasti in qualche archivio privato o nella cartella di qualche notaio. La comunità amministrava tra l’altro i beni comuni, la raccolta delle decime, la nomina dei campàri, l’incanto per la misuratura del vino, le controversie sui confini con le vicine comunità di Sondrio, Caiolo e Postalesio, le sanzioni per le irregolarità edilizie e forestali, le tasse per i forestieri, l’incanto del prestino e il beneficio per i defunti. L’insediamento umano è diffuso su tutto il versante, anche alle quote più alte e il vigneto, pur fermandosi alla quota di circa 700, è diffuso ovunque ed è la risorsa primaria della comunità. Sui terreni a vigneto si espande l’interesse delle famiglie nobili residenti e non e delle famiglie grigioni, in particolare quella dei Salis, con contratti di livello e di mezzadria, ma anche acquisendo proprietà e realizzando vere e proprie fattorie (Come a Bettòli). La famiglia Salis, in tutta la Valtellina, insidiava, in questo periodo l’autonomia della comunità, cercando di acquisire proprietà, anche quelle collettive e vincolandola con un progressivo indebitamento. A tutto ciò la comunità risponde difendendo i propri diritti in tutti i modi, cercando di reperire fondi e salvaguardando i pascoli di fondovalle (una delle principali risorse collettive). Il catasto settecentesco, redatto con maestria dall’ingegnere milanese Giacomo Antonio Boldi, fa sicuramente parte di queste controversie. Da esso rileggiamo anche i segni dello slancio dei dissodamenti di epoche precedenti e i segni di una presenza umana molto antica e stratificata.
Se mai ci fosse bisogno di una conferma sul ruolo fondamentale delle comunità di villaggio nella nostra storia queste pagine, nate dall’elaborazione di un documento inedito, lo sono. Castione ha ancora, nonostante le molte trasformazioni, non tutte accorte, degli ultimi decenni, un enorme patrimonio storico e paesaggistico fa valorizzare e tutelare.
Una porta sulla storia non deve essere, peraltro, una porta sulla nostalgia. Con il passato la comunità di oggi deve fare i conti con rispetto, tenendo però conto dei tempi e delle esigenze che mutano, ma spero che in esso si colgano quegli elementi senza tempo che sono la scintilla per affrontare con coraggio le problematiche del nostro presente e del nostro futuro.”.